di Avv. Oriana R. Battesini - Avv. Roberta Nanni
Pubblicata il: 24 Gennaio 2020
L’art. 34 Co 1 L. 392/1978 prevede che in caso di cessazione del contratto di locazione di immobili commerciali alla scadenza, non dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta/recesso del conduttore, quest’ultimo ha diritto ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto per le attività indicate ai n. 1 e 2 art. 27 e per le attività alberghiere di un’indennità pari a 21 mensilità.
In mancanza di una norma espressa e a seguito di una risoluzione dell’Agenzia dell’Entrate pressoché costante, avveniva che tale indennità fosse assoggettata ad IVA in quanto corrispettivo, predeterminato dalla legge, quale incremento di valore relativo all’avviamento che il conduttore, riconsegnando il bene rimetteva nella disponibilità del proprietario.
Tale risoluzione, tuttavia, era avversata dalla Associazione Italiana Dottori Commercialisti, i quali ravvisavano nella perdita dell’avviamento e quindi nella corresponsione delle mensilità dovute, un ristoro compensativo e non, piuttosto, un corrispettivo al quale dovesse applicarsi l’IVA.
La decisione della Corte di Cassazione n. 29180 del 12/11/2019, invero, ha posto ordine nell’interpretazione della fattispecie, confermando un precedente orientamento secondo il quale l’indennità per la perdita di avviamento dovuta al conduttore alla cessazione del rapporto ha natura risarcitoria e, pertanto, non concorre a formare la base imponibile IVA.
Infatti, la funzione dell’indennità non è quella di remunerare una prestazione, ma piuttosto quella di compensare il conduttore delle “esternalità positive” acquisite dal locatore per effetto della conduzione dell’immobile e la sua restituzione.
Bologna, 21/1/2020